A due anni dal termine di utilizzo, nel 2027, in Sicilia al momento è stato speso il 13% dei fondi a disposizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’isola, insieme alla Valle d’Aosta, è penultima in Italia per percentuali spesa fondi Pnrr. L’ultima è la Calabria. I progetti di opere pubbliche in fase esecutiva, la cui titolarità è della Regione siciliana, rappresentano il 61 per cento del totale delle risorse assegnate dal Pnrr all’Isola, per un importo di 329 milioni di euro. Ciò significa che quattro progetti su dieci non sono vicini al traguardo. Questo dato è migliore rispetto ad alcune regioni del Centro-Sud, ma inferiore alla media nazionale. I ritardi riguardano soprattutto i Comuni: alla fine del dicembre 2024, quelli meridionali hanno avviato lavori per 5,6 miliardi, il 64% del valore complessivo degli investimenti a loro titolarità.
In Sicilia sono previsti circa 20mila progetti, per 17,6 miliardi di euro, di cui 11,7 dall’Europa e il resto dallo Stato. La media nazionale di spesa è del 29%. I numeri sono della Fondazione Openpolis, Svimez e l’Ufficio parlamentare di bilancio della Camera. “Ogni euro sprecato è un’opportunità sottratta al futuro della Sicilia che resterà con le sue fragilità strutturali”, dice il segretario regionale della Sicilia e vice presidente nazionale di Conflavoro, Giuseppe Pullara.
L’investimento è suddiviso tra settori chiave: 35% per la transizione ecologica; 31% per infrastrutture; 16% per digitalizzazione; 15% per inclusione sociale; 4% per sanità. Dei 20mila progetti previsti in Sicilia, già partiti o ancora da iniziare 1.729 sono a Trapani; 4.466 a Palermo; 1.805 ad Agrigento; 1.120 a Caltanissetta; 4.255 a Catania; 1.461 a Siracusa; 960 ad Enna; 3.530 a Messina e 1.372 a Ragusa.
“La Sicilia si trova davanti a una sfida storica- continua Pullara-. I fondi europei rappresentano un’occasione per rilanciare il territorio, ma i ritardi burocratici, rischiano di trasformare questa opportunità in un’occasione sprecata. Chi investe ha bisogno di avere tempi e conoscenza degli investimenti e dei tempi per ottenere le autorizzazioni. Per agevolare l’attività d’impresa e “liberare” tempo e risorse da dedicare alla produzione di beni e servizi, le aziende chiedono maggiori certezze sulle tempistiche e un miglior coordinamento nella gestione e amministrazione delle procedure, essenziali per efficientare l’operato del nostro tessuto imprenditoriale”. Il segretario regionale della Sicilia e vice presidente nazionale di Conflavoro avanza alcune proposte: “Sarebbe auspicabile favorire il processo di trasformazione digitale sia all’interno delle pubbliche amministrazioni che nelle imprese. Occorrerebbe, ad esempio, rispettare l’obbligo di risposta da parte della PA entro limiti temporali predefiniti (da 30 a 90 giorni a seconda dei casi), prevedendo il silenzio assenso in caso di mancato rispetto dei termini; ridurre il numero degli enti coinvolti nelle decisioni ma anche semplificare ed armonizzare le procedure e la modulistica richieste alle imprese, soprattutto nella fase di avvio dell’attività, che in molti casi porta ad un potenziale conflitto tra diverse disposizioni. Il numero di documenti da presentare per poter partecipare a bandi, gare e appalti è elevatissimo, e richiede l’invio, sia cartaceo sia telematico, degli stessi documenti a più soggetti. Allo stesso modo, ci sono troppe stazioni appaltanti e con troppe diversità a livello di modulistica e documentazione.”
Sono solo alcune proposte che partono dai suggerimenti delle imprese che lottano ogni giorno con la complessità della normativa italiana.