La situazione occupazionale nel Mezzogiorno italiano, evidenziata dai dati Eurostat del 2024, rappresenta una sfida, nonostante alcuni timidi segnali di miglioramento. In Sicilia, il tasso di occupazione è salito al 46,8%, segnando un lieve progresso rispetto all’anno precedente, ma rimanendo ben al di sotto sia della media nazionale (62,2%) che di quella europea (70,8%). Simili difficoltà si riscontrano anche in Campania (45,4%) e in Calabria (44,8%).
Un aspetto particolarmente critico è rappresentato dalla disuguaglianza di genere: nel Sud Italia, meno di una donna su tre ha un impiego stabile. In Sicilia, ad esempio, il tasso di occupazione femminile è appena del 34,9%, contro una media UE del 66,2%. Inoltre, il livello di istruzione risulta essere un importante ostacolo: solo il 36,6% delle donne con un’istruzione limitata alla licenza media risulta occupata.
Conflavoro Sicilia sostiene che per affrontare la disoccupazione nel Mezzogiorno siano indispensabili politiche mirate e integrate. Tra le proposte principali: potenziamento delle infrastrutture di trasporto, digitali ed energetiche, per attrarre investimenti e facilitare la mobilità lavorativa. Incentivi fiscali e finanziamenti mirati a supportare le piccole e medie imprese, promuovendo l’innovazione e la creazione di posti di lavoro. Programmi di formazione e aggiornamento professionale, per migliorare le competenze lavorative e rispondere alle richieste del mercato. Politiche di conciliazione lavoro-famiglia, per favorire l’occupazione femminile. Valorizzazione delle risorse naturali e culturali del territorio, creando opportunità nei settori turistico e agricolo. Semplificazione delle procedure amministrative per agevolare investimenti e nuove attività imprenditoriali.
Il vice presidente nazionale di Conflavoro Sicilia, Giuseppe Pullara, afferma: “Il rilancio occupazionale del Mezzogiorno italiano richiede uno sforzo collettivo e una visione di lungo termine. Valorizzare le potenzialità economiche, sociali e culturali del Sud non solo potrebbe contribuire a ridurre le disuguaglianze regionali, ma fungerebbe da motore di crescita per l’intero paese”.