La Regione Sicilia è sul podio per incidenza di irregolarità sugli occupati. I dati del lavoro nero in Sicilia, fotografati dalla Cgia di Mestre nel suo nuovo report, hanno fatto emergere un volume d’affari da quasi 5,5 miliardi di euro.
In tutta Italia, sul piatto dell’economia sommersa riconducibile al lavoro irregolare, rilevato un giro da 68 miliardi di euro, il 35% ascrivibile ai territori del Mezzogiorno. Tra questi, spicca in negativo l’Isola, con un 242.500 occupati “fantasma”. L’Isola risulta terza anche per tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero degli irregolari e il totale degli occupati.
Tra colf e badanti non contrattualizzate, il tasso di lavoro nero schizza al 45%, poi c’è l’agricoltura che, secondo l’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia, incide per 16,8%, quindi i settori delle costruzioni (13,3%) e del commercio, dei trasporti e delle strutture ricettive (12,7%).
Focalizzando l’attenzione sull’agricoltura: in Sicilia ci sono 82mila aziende agricole, di cui 26.500 che occupano manodopera. I lavoratori iscritti negli elenchi e quindi regolari sono oltre 135mila. A questi, rivela il report, si aggiungono 14mila stranieri con un tasso di irregolarità, cioè il rapporto con il totale degli occupati, che supera il 42%. In tutto nelle campagne siciliane c’è un esercito di 61mila lavoratori vulnerabili tra lavoro nero e lavoro sfruttato e 12mila di loro sono donne.
Non sono solo le campagne, però, il teatro dello sfruttamento della manodopera. Gli ultimi dati sono quelli Istat del 2021 e svelano numeri impressionanti. Nell’Isola si contano 242.500 lavoratori irregolari che pongono l’Isola al quarto posto dopo Lombardia, Lazio e Campania. E la Sicilia diventa terza per tasso di irregolarità con il 16% preceduta da Calabria (19,6%) e Campania (16,5%). Percentuali ben al di sopra della media nazionale che si ferma all’11,3%. Terzo posto anche per il valore aggiunto che viene dal lavoro irregolare, 5,4 miliardi di euro, il 6,6% del totale. Prima è ancora la Calabria con l’8,3% e 2,5 miliardi, seconda la Campania con il 6,9% e 6,9 miliardi. Sulla base dell’esperienza diretta con le aziende, Conflavoro è fiduciosa perché ci sono imprenditori e manager che rispettano le regole e sono attenti alla sicurezza dei lavoratori.
In merito è intervenuto il segretario regionale e vice presidente nazionale di Conflavoro PMI, Giuseppe Pullara che afferma:
“Sicuramente il lavoro nero danneggia le imprese che operano nel rispetto dei contratti collettivi che noi, tra l’altro, come associazione datoriale, sigliamo da anni. Seppur i dati come regione oggi ci penalizzano, è bene anche far emergere che c’è chi rispetta le regole senza mail oltrepassare il varco della legalità ed il rispetto dei propri dipendenti. Oggi – continua Pullara – sono tante le aziende che rappresentiamo e che hanno raggiunto perfino elevati standard di sicurezza vantando, inoltre, il traguardo di zero infortuni sul lavoro. Resta fondamentale sensibilizzare e fornire gli strumenti giusti affinchè la sicurezza sul lavoro possa diventare eccellenza per ogni azienda e porre, sempre, condizioni normative e pratiche favorevoli per le assunzioni a norma di legge. Il lavoro nero – conclude Pullara – penalizza tutti”.